La Fondazione Musica per Roma propone una stagione teatrale con la quale intende rinnovare il suo impegno programmatico al racconto del contemporaneo. Importanti nomi della drammaturgia italiana offriranno serate uniche nelle quali il linguaggio della contemporaneità prenderà la forma del racconto teatrale in dialogo con la musica.
Le storie più straordinarie sono quelle che ci passano a fianco senza che ne accorgiamo. Spesso sono così piccole che bisogna andare a cercarle tra le tante cose che non valgono nulla. Il racconto televisivo neorealistico di Domenico Iannacone si cala nel teatro di narrazione e trasforma le sue inchieste giornalistiche in uno spazio intimo di riflessione e denuncia. Il palcoscenico diventa luogo fisico ideale per portare alla luce quello che la televisione non può comunicare. Le storie così riprendono forma, si animano di presenza viva e voce e tornano a rivendicare il diritto di essere narrate. Iannacone rompe le distanze, prende per mano lo spettatore e lo accompagna nei luoghi che ha attraversato, lo spinge a condividere le emozioni, i ricordi, la bellezza degli incontri e la rabbia per quello che viene negato. Il teatro di narrazione diventa in questo modo anche teatro civile in grado di ricucire la mappa dei bisogni collettivi, dei diritti disattesi, delle ingiustizie e delle verità nascoste. Mentre le immagini aprono squarci visivi, facendoci scorgere volti, case, periferie urbane ed esistenziali, le parole dilatano la nostra percezione emotiva e ci permettono di entrare, come una voce sotterranea, nelle viscere del Paese.
Il Romaeuropa Festival insieme al Parco della Musica Contemporanea Ensemble, diretto da Tonino Battista, omaggia i 70 anni del compositore Giorgio Battistelli con una esclusiva esecuzione della sua celebre “L’imbalsamatore – Monodramma giocoso da camera”. Un monologo feroce – per l’occasione diretto e interpretato da Massimo Popolizio – in cui il protagonista Miscin, addetto al periodico restyling della salma di Lenin nel mausoleo della Piazza Rossa, cerca di restituire al suo capo un aspetto umano grazie a un nuovo farmaco che dovrebbe conferire alla salma elasticità e morbidezza. La compagine cameristica che accompagna l’uomo commenta con sarcasmo il suo muoversi tra tavolino, lavamani, salma, bottiglie di vodka e alambicchi fumanti.
Tra i compositori contemporanei più rilevanti in Italia e nel mondo, Battistelli ha fondato nel 1972 il gruppo di improvvisazione Edgar Varèse e il gruppo strumentale Beat 72. È stato direttore artistico di alcune delle più importanti istituzioni nazionali, tra cui dell’Orchestra di Toscana, dell’Accademia Filarmonica di Roma, della Biennale Musica di Venezia, della Fondazione Arena di Verona, del Teatro dell’Opera di Roma e dal 2021 dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento.
Il Romaeuropa Festival insieme al Parco della Musica Contemporanea Ensemble, diretto da Tonino Battista, omaggia i 70 anni del compositore Giorgio Battistelli con una esclusiva esecuzione della sua celebre “L’imbalsamatore – Monodramma giocoso da camera”. Un monologo feroce – per l’occasione diretto e interpretato da Massimo Popolizio – in cui il protagonista Miscin, addetto al periodico restyling della salma di Lenin nel mausoleo della Piazza Rossa, cerca di restituire al suo capo un aspetto umano grazie a un nuovo farmaco che dovrebbe conferire alla salma elasticità e morbidezza. La compagine cameristica che accompagna l’uomo commenta con sarcasmo il suo muoversi tra tavolino, lavamani, salma, bottiglie di vodka e alambicchi fumanti.
Tra i compositori contemporanei più rilevanti in Italia e nel mondo, Battistelli ha fondato nel 1972 il gruppo di improvvisazione Edgar Varèse e il gruppo strumentale Beat 72. È stato direttore artistico di alcune delle più importanti istituzioni nazionali, tra cui dell’Orchestra di Toscana, dell’Accademia Filarmonica di Roma, della Biennale Musica di Venezia, della Fondazione Arena di Verona, del Teatro dell’Opera di Roma e dal 2021 dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento.
Uno spettacolo in ricordo della divina Callas nei giorni del centenario della nascita: in questa pièce, che vede come protagonista Mascia Musy – attrice intensa e raffinata capace di dar voce alla complessa personalità di un’artista dalle mille sfaccettature – l’autore Terrence McNally focalizza l’attenzione sulle lezioni che la Callas tenne alla Juilliard School Music di New York, dopo essersi ritirata dalla scena.
La grande artista rievoca la propria leggenda pubblica e privata senza risparmio di frecciate. Ma tra la stizza orgogliosa e la capacità di commuoversi, c’è posto anche per la trepida complicità con una grande professionista che spasima per la verità dei dettagli e la concretezza della recitazione, intimamente soggiogata dalla musica.
La pièce è incentrata sui momenti dell’ascesa al tempio scaligero e ci conduce nell’impasse tormentosa dei rapporti amorosi con gli uomini della sua vita: un paternalista Meneghini e un volgare e spietato Onassis, scendendo molto nell’intimo con l’inevitabile approdo al melodramma. Lo spettacolo si avvale della regia del soprano Stefania Bonfadelli.
Uno spettacolo in ricordo della divina Callas nei giorni del centenario della nascita: in questa pièce, che vede come protagonista Mascia Musy – attrice intensa e raffinata capace di dar voce alla complessa personalità di un’artista dalle mille sfaccettature – l’autore Terrence McNally focalizza l’attenzione sulle lezioni che la Callas tenne alla Juilliard School Music di New York, dopo essersi ritirata dalla scena.
La grande artista rievoca la propria leggenda pubblica e privata senza risparmio di frecciate. Ma tra la stizza orgogliosa e la capacità di commuoversi, c’è posto anche per la trepida complicità con una grande professionista che spasima per la verità dei dettagli e la concretezza della recitazione, intimamente soggiogata dalla musica.
La pièce è incentrata sui momenti dell’ascesa al tempio scaligero e ci conduce nell’impasse tormentosa dei rapporti amorosi con gli uomini della sua vita: un paternalista Meneghini e un volgare e spietato Onassis, scendendo molto nell’intimo con l’inevitabile approdo al melodramma. Lo spettacolo si avvale della regia del soprano Stefania Bonfadelli.
La “Caduta del fascismo” è una messa in scena in otto quadri dei mesi cruciali del 1943, che segnano la fine del fascismo e della dittatura di Benito Mussolini. Ezio Mauro sul palco, col concorso delle voci di due attori e di un’attenta selezione di immagini dell’epoca, racconta la svolta del Paese in cronaca diretta, come se fosse cronista di quegli avvenimenti, dalla tragedia della guerra ai bombardamenti, alla drammatica seduta del Gran Consiglio che sfiducia Mussolini, all’arresto del Duce a casa del Re. Il racconto prosegue con la prigionia di Mussolini a Ponza, alla Maddalena e sul Gran Sasso, fino alla liberazione con gli alianti delle SS e all’incontro in Germania con Hitler che lo convincerà a ritornare in Italia costituendo la Repubblica di Salò. La cronaca viva di una vicenda decisiva della storia italiana, con le figure del Re, di Mussolini e di Badoglio che campeggiano.
Il protagonista di questa commedia, dallo stesso autore definita popolare, è il ricco proprietario Puntila, dalla condotta bifronte. Sotto gli effetti dell’alcool diventa estremamente comprensivo, generoso e tratta tutti come suoi pari, persino l’autista Matti al quale promette in sposa sua figlia Eva. Quando è lucido invece rivela il suo reale volto trattando i suoi dipendenti dall’alto in basso, diventando odiosamente dispotico verso tutto e tutti.
Brecht ci ricorda che lo slancio umanitario, da ubriaco, di questo pagliaccesco personaggio è esattamente ciò di cui non abbiamo bisogno per raggiungere una vera uguaglianza sociale. La realtà riemerge nei momenti di sobrietà ed è purtroppo sempre la stessa, quella di chi governa e sa di poter muovere a suo piacere i fili dei burattini a lui asserviti. Attraverso questa allegoria del capitalismo, ci sbatte in faccia senza mezzi termini il trasformismo schizofrenico di chi detiene il potere, e stimola in noi riflessioni in apparenza scontate, ma di cui abbiamo oggi, quanto mai, ancora estremo bisogno. Uno sguardo visionario e libero indirizzerà la linea generale di tutto lo spettacolo. Pur rispettandone l’ambientazione agraria il racconto si dipanerà in un luogo imprecisato, astratto, in cui gli interpreti si muoveranno tra musica e parole con la spudoratezza e l’ironia che il testo richiede.
Teatro popolare, appunto. Esilarante. Vivo! Gli attori spazieranno anarchicamente tra generi e stili diversi, inseguendo l’obiettivo primario del maestro di Augusta: narrare la realtà con lo straniamento necessario per mostrarla come effettivamente è, senza edulcorazioni e sentimentalismi. Massimo Venturiello vestirà i panni del signor Puntila e al suo fianco l’altro grande protagonista, il servo Matti, sarà interpretato da Biagio Musella. Altri sei attori ricopriranno i numerosi ruoli della grottesca umanità che ruota intorno ai due protagonisti.
Il protagonista di questa commedia, dallo stesso autore definita popolare, è il ricco proprietario Puntila, dalla condotta bifronte. Sotto gli effetti dell’alcool diventa estremamente comprensivo, generoso e tratta tutti come suoi pari, persino l’autista Matti al quale promette in sposa sua figlia Eva. Quando è lucido invece rivela il suo reale volto trattando i suoi dipendenti dall’alto in basso, diventando odiosamente dispotico verso tutto e tutti.
Bertolt Brecht ci ricorda che lo slancio umanitario, da ubriaco, di questo pagliaccesco personaggio è esattamente ciò di cui non abbiamo bisogno per raggiungere una vera uguaglianza sociale. La realtà riemerge nei momenti di sobrietà ed è purtroppo sempre la stessa, quella di chi governa e sa di poter muovere a suo piacere i fili dei burattini a lui asserviti. Attraverso questa allegoria del capitalismo, ci sbatte in faccia senza mezzi termini il trasformismo schizofrenico di chi detiene il potere, e stimola in noi riflessioni in apparenza scontate, ma di cui abbiamo oggi, quanto mai, ancora estremo bisogno. Uno sguardo visionario e libero indirizzerà la linea generale di tutto lo spettacolo. Pur rispettandone l’ambientazione agraria il racconto si dipanerà in un luogo imprecisato, astratto, in cui gli interpreti si muoveranno tra musica e parole con la spudoratezza e l’ironia che il testo richiede.
Teatro popolare, appunto. Esilarante. Vivo! Gli attori spazieranno anarchicamente tra generi e stili diversi, inseguendo l’obiettivo primario del maestro di Augusta: narrare la realtà con lo straniamento necessario per mostrarla come effettivamente è, senza edulcorazioni e sentimentalismi. Massimo Venturiello vestirà i panni del signor Puntila e al suo fianco l’altro grande protagonista, il servo Matti, sarà interpretato da Biagio Musella. Altri sei attori ricopriranno i numerosi ruoli della grottesca umanità che ruota intorno ai due protagonisti.
A grande richiesta, dopo il tutto esaurito di ottobre, Domenico Iannacone torna il 13 dicembre 2023 all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone nell’ambito del festival Città in Scena. Le storie più straordinarie sono quelle che ci passano a fianco senza che ne accorgiamo. Spesso sono così piccole che bisogna andare a cercarle tra le tante cose che non valgono nulla. Il racconto televisivo neorealistico di Iannacone si cala nel teatro di narrazione e trasforma le sue inchieste giornalistiche in uno spazio intimo di riflessione e denuncia. Il palcoscenico diventa luogo fisico ideale per portare alla luce quello che la televisione non può comunicare. Le storie così riprendono forma, si animano di presenza viva e voce e tornano a rivendicare il diritto di essere narrate. Iannacone rompe le distanze, prende per mano lo spettatore e lo accompagna nei luoghi che ha attraversato, lo spinge a condividere le emozioni, i ricordi, la bellezza degli incontri e la rabbia per quello che viene negato. Il teatro di narrazione diventa in questo modo anche teatro civile in grado di ricucire la mappa dei bisogni collettivi, dei diritti disattesi, delle ingiustizie e delle verità nascoste. Mentre le immagini aprono squarci visivi, facendoci scorgere volti, case, periferie urbane ed esistenziali, le parole dilatano la nostra percezione emotiva e ci permettono di entrare, come una voce sotterranea, nelle viscere del Paese.
Ritorna a Capodanno Edoardo Leo, con un’edizione speciale e un nuovo allestimento scenico dello spettacolo Ti racconto una storia (letture serie e semiserie), con le improvvisazioni musicali di Jonis Bascir.
Ti racconto una storia è un reading-spettacolo che raccoglie appunti, suggestioni, letture e pensieri dell’attore e regista romano Edoardo Leo. Vent’anni di ritagli, ricordi e risate, trasformati in uno spettacolo coinvolgente che cambia forma e contenuto ogni volta in base allo spazio e all’occasione.
Un’occasione per sorridere e riflettere, che racconta spaccati di vita umana unendo parole e musica. Una riflessione su comicità e poesia per spiegare che, in fondo, non sono così lontane. In scena non solo racconti e monologhi di scrittori celebri (Benni, Calvino, Marquez, Eco, Benni, Piccolo) ma anche articoli di giornale, aneddoti e testi di giovani autori contemporanei e dello stesso Edoardo Leo, e tante sorprese.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Vincenzo Mollica è per tutti il narratore per eccellenza dello showbiz italiano e non solo. Volto tra i più autorevoli del TG1, ha raccontato per decenni il cinema, la musica, la tv, il fumetto e la letteratura, parlando a tutti, intervistando i più grandi e conquistando curiosità inaccessibili a molti e dopo aver presentato gli altri, si racconterà come non ha mai fatto prima al suo pubblico in teatro. Questo monologo sarà una vera e propria confessione, intima e sincera, in cui Vincenzo Mollica svelerà eccezionalmente aneddoti e dietro le quinte sulla moltitudine di personalità che negli anni ha avuto il piacere di intervistare e raccontare.
Vincenzo Mollica sposa diversi linguaggi: compare in carne ed ossa alle star di tutti i tempi, si racconta in video al pubblico della Rai, è protagonista insieme a Marcello Mastroianni in un fumetto realizzato da Federico Fellini e Milo Manara intitolato “Viaggio a Tulum” e diventa papero per mano di Giorgio Cavazzano nei fumetti della Disney. Una vita per la prima volta raccontata in parole e immagini, grazie a sequenze storiche del repertorio Rai.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Dopo il successo della passata stagione, torna in scena “Svelarsi” – serata evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Uno spettacolo divulgativo senza che niente sia spiegato. Dante Alighieri, nel Paradiso, si trova nell’impaccio dell’essere umano che prova a descrivere l’immenso, l’indicibile, prova a raccontare l’irraccontabile. Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica per lo spettatore al cospetto dell’immensità. Germano e Teardo sono voce e musica per dire la bellezza e avvicinarsi al mistero, l’immenso, l’indicibile ricercato da Dante. Dal suono avvincente ed “etterno” germoglia del compositore d’avanguardia e scaturisce la regia visionaria e impalpabile di Simone Ferrari e Lulu Helbaek, capaci di muoversi tra teatro e show. Accadrà qualcosa di magico e meraviglioso di inspiegabile, trascendendo qualsiasi concetto di teatro, concerto o rappresentazione dantesca attraverso una contaminazione di linguaggi tecnologici e teatrali.
“I sentimenti del maiale” è l’ultimo spettacolo della trilogia “Guarda come nevica”, che ha cominciato il suo percorso nel 2018 con “Cuore di cane”, poi nel 2019 con “Il Gabbiano” ed ora questo. Dopo aver affrontato il romanzo e la drammaturgia con Bulgakov e Cechov, con questo spettacolo Licia Lanera si approccia a lavorare su Vladimir Majakovskij. La neve non cade più, è già caduta, e una spessa coltre bianca ricopre il palcoscenico. Nella neve c’è un divano, una rock band, un maiale appeso per le zampe che appena macellato, cola sangue, e due attori: Licia e Danilo Giuva. I sentimenti del maiale è un ironico simposio tra due teatranti sul tema del suicidio, dell’arte e dell’isolamento. È aprile, fuori esplode la primavera, ma i due sono chiusi in una stanza a leggere, a parlare, a giocare a recitare. A fare le prove. Di uno spettacolo o del loro suicidio. I sentimenti del maiale è uno spettacolo che non si compie mai, uno spettacolo in cui la morte di Majakovskij si fonde a quella di Ian Curtis e di un qualunque maiale. La Lanera si concentra sull’icona dell’artista maledetto, sui suoi tumulti interni, i suoi amori prepotenti, la paura di invecchiare, la sfida con la morte, l’orrore per la solitudine.
“I sentimenti del maiale” è l’ultimo spettacolo della trilogia “Guarda come nevica”, che ha cominciato il suo percorso nel 2018 con “Cuore di cane”, poi nel 2019 con “Il Gabbiano” ed ora questo. Dopo aver affrontato il romanzo e la drammaturgia con Bulgakov e Cechov, con questo spettacolo Licia Lanera si approccia a lavorare su Vladimir Majakovskij. La neve non cade più, è già caduta, e una spessa coltre bianca ricopre il palcoscenico. Nella neve c’è un divano, una rock band, un maiale appeso per le zampe che appena macellato, cola sangue, e due attori: Licia e Danilo Giuva. I sentimenti del maiale è un ironico simposio tra due teatranti sul tema del suicidio, dell’arte e dell’isolamento. È aprile, fuori esplode la primavera, ma i due sono chiusi in una stanza a leggere, a parlare, a giocare a recitare. A fare le prove. Di uno spettacolo o del loro suicidio. I sentimenti del maiale è uno spettacolo che non si compie mai, uno spettacolo in cui la morte di Majakovskij si fonde a quella di Ian Curtis e di un qualunque maiale. La Lanera si concentra sull’icona dell’artista maledetto, sui suoi tumulti interni, i suoi amori prepotenti, la paura di invecchiare, la sfida con la morte, l’orrore per la solitudine.
«La scuola potrebbe svegliarci, ma essa è nelle mani dei signori. Vogliono parlare a nome dei poveri, ma non vogliono insegnare loro a farlo da soli. Hanno paura».
Lo scrivono i ragazzi della scuola 725 nella baraccopoli dell’Appio Claudio nel 1969.
Mezzo secolo dopo nello stesso quartiere c’è una banda di ragazzi che suonano nella RusticaXband. Coetanei di quelli che denunciavano lo scandalo delle baracche. Nel frattempo la scuola ha insegnato ai poveri le parole per parlare?
“Forte e Chiara” è un memoir, un racconto umano vivo e rivoluzionario. Un one woman show in cui Chiara Francini ripercorre la sua vita, unica eppure così simile a quella di tanti altri. Con il sarcasmo e l’ironia tagliente che la contraddistinguono, Chiara si racconta attraverso la musica, vicende personali e pubbliche, dicendo sempre la verità, senza far sconti a nessuno, in primis a sé stessa.
Quindici anni fa hanno chiesto a Lirio Abbate come può un giornalista parlare di Mafia senza poi essere abbandonato. Ha risposto «Quando non parli della complicità della politica con la mafia tutti ti stanno dietro e ti appoggiano. Altrimenti, rimani solo».
La sai quella di Andreotti che viene chiamato dal suo segretario?
«Onorevole! La mafia ha ucciso il giudice Falcone!»
E Andreotti «Caspita! Sono già le diciotto?»
“Neapolis Mantra” è un’opera multidisciplinare ideata dal regista e coreografo italo-africano Mvula Sungani, che vede insieme sulla scena l’étoile Emanuela Bianchini e il maestro Enzo Gragnaniello. Uno spettacolo globale di interazione e compenetrazione tra danza, musica live e parola, ispirato alla cultura partenopea contemporanea. La creazione indaga la ricerca dell’essenziale, dove il corpo e la voce diventano ponte tra il reale e l’irreale e vogliono far entrare chi assiste in una dimensione onirica, tantrica. La physical dance, ideata da Mvula Sungani ed Emanuela Bianchini, alternerà costruzioni coreografiche evocative a momenti più etnici e spirituali. La colonna sonora sarà affidata ai grandi successi di Enzo Gragnaniello, eseguiti live in versione acustica, oltre ad alcuni pezzi tratti dal nuovo album, “Lo chiamavano vient’ ‘e terra”.
“Jastemma” è uno spettacolo che, attraversa e fonde arti, mirando dritto al cuore del pubblico, partendo dal cuore aperto di chi è sul palco. Le canzoni sono quelle degli ‘A67, per l’occasione accompagnati dal piano di Elisabetta Serio; le parole quelle di tre grandi scrittori – Viola Ardone, Luigi Romolo Carrino e Loredana Lipperini – recitate da Cristina Donadio e Ginestra Paladino e infine il segno, è quello inconfondibile del Maestro Mimmo Paladinocon la regia di Raffaele Di Florio. Un flusso di coscienza fatto d’immagini, parole e canzoni che s’intrecciano e si rincorrono fino a diventare una sola parola, una sola immagine e una sola canzone che ci libera dalla tragedia del quotidiano. Un blues performativo, crudo e spietato che parte dal mondo degli ultimi per poi precipitare negli abissi di passioni che non concedono tregua né respiro. Lo spettacolo “Jastemma” è tratto dall’omonimo album (Squilibri Editore) della rock band di Scampia, ‘A67, vincitore della targa Tenco come Miglior disco in dialetto del 2022.
A distanza di 22 anni torna in scena “Chet Baker – Una Martin’s Deluxe”, omaggio dell’indimenticabile Gigi Proietti ad un grande del jazz, il trombettista Chet Baker. A riproporlo nella regia originale di Proietti è Flavio Insinna, voce recitante della storia, scritta da Claudio Pallottini, che ci restituisce il ritratto di Chet Baker, trombettista geniale, artista di culto, dilapidatore del proprio genio e figura affascinante. A raccontarlo nelle sue molteplice sfaccettature è il vecchio amico Daddy Dan, un cameriere deluso dalla vita, che è in possesso di preziosi cimeli di star della musica, tra cui appunto la Martin Committee deluxe, la tromba diChet Baker. Attraverso immagini proiettate e brani immortali di Baker, ma soprattutto attraverso le memorie di questo amico, si sviluppa la trama/struttura dello spettacolo.
A distanza di 22 anni torna in scena “Chet Baker – Una Martin’s Deluxe”, omaggio dell’indimenticabile Gigi Proietti ad un grande del jazz, il trombettista Chet Baker. A riproporlo nella regia originale di Proietti è Flavio Insinna, voce recitante della storia, scritta da Claudio Pallottini, che ci restituisce il ritratto di Chet Baker, trombettista geniale, artista di culto, dilapidatore del proprio genio e figura affascinante. A raccontarlo nelle sue molteplice sfaccettature è il vecchio amico Daddy Dan, un cameriere deluso dalla vita, che è in possesso di preziosi cimeli di star della musica, tra cui appunto la Martin Committee deluxe, la tromba diChet Baker. Attraverso immagini proiettate e brani immortali di Baker, ma soprattutto attraverso le memorie di questo amico, si sviluppa la trama/struttura dello spettacolo.
«Fino a tutti gli anni ’70 – ci racconta Luigi Manconi – l’immagine dello zingaro evocava un’idea di vita libera e un universo esotico. Al festival di Sanremo trionfano due canzoni: dammi la tua mano zingara e il mio cuore è uno zingaro. La scomparsa di questa immagine positiva dello zingaro coincide con la realizzazione dei primi campi nomadi».
Com’è questa mia nazione? Affascinante come la fiera dove la zingara legge il futuro? O un triste ghetto come i campi nomadi confinati fuori dalla città?
L’Histoire du Soldat, è la nuova creazione dell’Associazione Figli d’Arte Cuticchio.
Una “favola” che pone a confronto la malefica azione del Diavolo con il candore di un ingenuo Soldato che desidera solamente passare i quindici giorni di licenza con la madre e la fidanzata, nel proprio borgo natio; il giovane porta con sé un vecchio violino, che fa risuonare con passione e sentimento. Mentre si sviluppa la trama di un racconto denso di poesia, le vibrazioni della voce di Cuticchio e le variazioni della sua espressività si intrecciano con le cadenze del “cuntu”. Il tutto si intreccia con il fascino delle musiche eseguite dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE) che amplificano la magia di uno spettacolo davvero efficace.
Una “favola” che pone a confronto la malefica azione del Diavolo con il candore di un ingenuo Soldato che desidera solamente passare i quindici giorni di licenza con la madre e la fidanzata, nel proprio borgo natio; il giovane porta con sé un vecchio violino, che fa risuonare con passione e sentimento. Mentre si sviluppa la trama di un racconto denso di poesia, le vibrazioni della voce di Cuticchio e le variazioni della sua espressività si intrecciano con le cadenze del “cuntu”. Il tutto si intreccia con il fascino delle musiche eseguite dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE) che amplificano la magia di uno spettacolo davvero efficace.