Una produzione Fondazione Musica per Roma
Parliamo, per una volta o per una volta in più, di parole. Quando usiamo il tormentone «come dire» a mancare sono le parole per dirlo. Sembra che siano insufficienti, per quantità o per qualità, o che a essere insufficiente sia la conoscenza che ne abbiamo. Nei riguardi delle parole abbiamo troppo spesso un'attitudine frettolosa e inconsapevole: ci accontentiamo di quelle che abbiamo a nostra immediata disposizione (che non di rado conosciamo anche male) e le usiamo ai nostri scopi, come se fossero attrezzi o anche animali da lavoro. Ma la parola non è una bestia da soma (o da sema), che serve a trasportare il significato da qui a là. Ogni parola ha un aspetto fisico, delle inclinazioni, delle preferenze, delle appartenenze, dei punti di vista. Ci sono parole d'autore (velivolo, agnostico), parole di un tempo preciso (transatlantico), parole di un luogo (fuffa, scuorno). Parole legate a una situazione, a un mondo, a una professione, a un sentimento. E poi parole-inciampo, parole-sintomo, parole-enigma, parole-armi, parole-cose. Una piccola galleria di ritratti di parole potrà forse risultare indicativa della differenza fra quello che noi diciamo con le parole e quello che le parole dicono di noi. Parola di enigmista.