Una produzione Fondazione Musica per Roma
“Raccontare storie è raccontare menzogne”, così scriveva B.S. Johnson, romanziere inglese degli anni Sessanta, semisconosciuto in Italia, morto suicida a nemmeno 40 anni. A lui, Jonathan Coe ha dedicato il suo ultimo lavoro. Una biografia dunque. Ma forse di più. Un po’ romanzo e un po’ saggio sul perché si scrive. Un testamento, anche. Scrive Coe nella prefazione all’edizione italiana: “Questo libro non è solo una biografia, ma anche altre cose…sicuramente è una storia, come lo sono i miei nove romanzi (E difatti, personalmente, tendo a considerarlo come il mio decimo romanzo)... Forse è la più complessa, elaborata e strutturata di tutte le mie composizioni, eccezion fatta per La famiglia Winshaw. E, come quel romanzo, è una storia che nasconde un mistero. Un mistero che ha finito per ossessionarmi e che ancora oggi non sono sicuro di essere riuscito a risolvere. Oltre a essere una storia, questo libro è anche una specie di testamento – il mio testamento”. Il mistero cui allude, e il motivo per cui diventa testamento, è la domanda fondamentale che ogni scrittore prima o poi si pone. Accostandosi alla figura di un autore sperimentale e difficile come Johnson, e come lui “ossessionato dalla forma e dall’architettura” del romanzo, Coe guarda attraverso lo specchio per chiedersi chi è lo scrittore. Ogni scrittore. E perché scrive.