Una produzione Fondazione Musica per Roma
Un possibile filo conduttore del Nuovo dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini, che arriva in libreria a due anni dal primo, è il predominio dei cellulari che hanno sostituito molti degli oggetti e delle abitudini che hanno scandito il nostro più o meno recente passato: cartoline, lettere, cabine telefoniche, fino alla catena di sant'Antonio e forse, perfino, all'autoradio. Molte delle nostre piccole cose di pessimo gusto sono oggi contenute in raffinatissimi chip di memoria virtuale, altre sono intorno a noi, ma hanno subito le trasformazioni del tempo e del costume: l'idrolitina, per dire, sostituita da una gran quantità di acque frizzanti-minerali-naturali-leggermente e quant'altro; o le osterie, che spesso hanno una H nobilitante davanti e sono luoghi ben lontani da quelli dove si mangiava, poco, e si beveva, molto. Ma il tratto più sorprendente di questa raccolta di ombre del passato, è la mancanza di una dimensione che daremmo per scontata in un valzer degli addii: la nostalgia. Nessun rimpianto per le cose e le parole perdute, ma una lucida e divertita coscienza nel poeta che, già nel 1968, cantava “un altro giorno è andato, la sua musica ha finito, quanto tempo è ormai passato e passerà”