Fondazione Musica per Roma presenta
Dopo il successo di critica del suo primo album di inediti Love in the Time of Science (One Little Indian, 2000) e il trionfo nel 2005 agli Icelandic Music Awards di Fisherman’s Woman (Rough Trade, 2005), la cantautrice islandese Emiliana Torrini torna con il songwriting più maturo di Me and Armini, uscito lo scorso settembre. Dopo aver mescolato folk e trip-hop, malinconia e spensieratezza, Nick Drake e Bjork, l’artista islandese di origini italiane continua nella sua ricerca proponendo un pop ambizioso colorato da mille sfumature che ne alternano continuamente le atmosfere.
Nata 31 anni fa da un’insolita coppia, madre islandese e padre italiano, Emiliana è cresciuta con una dinamica miscela caratteriale e ha assorbito conoscenze, ambienti e racconti fuori della portata della maggior parte dei ragazzi: non c’è quindi da stupirsi se ha sviluppato una vivida immaginazione. Essere mezza italiana e mezza islandese ha influito sul suo approccio alla musica: “Mio padre ha sempre ascoltato canzoni italiane, belle e brutte, e mia madre ha sempre accettato qualsiasi musica, purché legasse bene con il suo rumoroso aspirapolvere. La mia nonna materna, però, mi ha fatto conoscere il jazz tradizionale e i miei parenti in Italia amano l’opera lirica. Dai miei famigliari sono stata inoltre introdotta ai climi tenebrosi del folk dell’Europa del nord e agli aspetti melodrammatici della canzone napoletana. Tuttavia, ero anche una teenager che seguiva gli stessi trend musicali che appassionavano i suoi coetanei”. Al suo terzo album, la Torrini sembra aver maggiore consapevolezza di ciò che cerca, “la musica dovrebbe essere capace di incutere timore e bellezza allo stesso tempo”, del suo songwriting e della certezza di continuare a non voler essere ingabbiata nei confini dei generi musicali.