Fondazione Musica per Roma e Roma Jazz Festival presentano
Chi assiste ad un concerto della Count Basie Orchestra assiste all’abc del linguaggio jazz, dello swing più coinvolgente che si possa avere la fortuna di ascoltare. Si è immersi in una sequenza ininterrotta di passaggi repentini, che da un andamento pianissimo passano a ritmi indiavolati, il tutto eseguito in piena scioltezza, tanto da far apparire tutto molto easy. Si tratta di swing, si tratta di linguaggio jazz, parlato da chi questo idioma lo ha inventato, elaborato e reso facile all’ascolto, quasi si trattasse di un gioco da bambini, che gioco però non è. Maestria, sincronismo, stacchi al millesimo di secondo, attacchi all’unisono che bruciano il tempo, rendendolo docile e impazzito nel giro di un amen. Energia allo stato puro. Come scrisse Arrigo Polillo nel suo oramai celebre volume “Jazz”, “Count Basie è, per i cultori del jazz, l’uomo che venne al Nord da Kansas City a portare un po’ di fuoco nel mondo delle orchestre swing nella seconda metà degli ani trenta”. La Count Basie Orchestra, a metà degli anni ’30, divenne la più celebre espressione dello swing che si fosse mai conosciuta sino ad allora e per gli anni a venire. Erano i tempi in cui la Count Basie Orchestra competeva con la Duke Ellington Orchestra per lo scettro della migliore orchestra swing d’America. In quegli anni Basie arrangiò e registrò alcuni suoi capolavori: “Shiny Stockings”, “Corner Poket” e “April In Paris”. Negli anni d’oro la Count Basie Orchestra poteva contare su sassofonisti come Lester Young, Herschel Evans, sulle trombe di Edison e Buck Clayton e sui tromboni di Beny Morton e Dicky Well, senza dimenticare la batteria di Jo Jones, caposcuola per tutti i primi drumer be-bop. Tra i veterani inoltre, va annoverato il trombonista Bill Hughes, che venne assunto nel 1953, sotto la raccomandazione di Frank Wess. Accanto a lui, a formare una sezione di tre trombonisti, sedevano Henry Coker e Benny Powell. Il suono sviluppato era tanto presente da venire considerata la migliore sezione del mondo. Oggi una delle star dell’orchestra è il sensazionale batterista Butch Miles, con Basie sin dagli anni ’70, a metà strada tra Gene Krupa e Buddy Rich in possesso di una tonante espressività. Butch è una vera icona della batteria swing, trovandosi a suo agio anche in piccoli complessi. Un fuoriclasse assoluto, esibitosi poche volte in Italia, ma molto apprezzato in tutto il mondo. Oggi la Count Basie Orchestra è la diretta discendente delle leggendarie big bands guidate da Count Basie e ne continua il sound caratteristico, attraverso un repertorio di grande impatto. Richiestissima in tutto il mondo, l’orchestra, oggi diretta da William H. “Bill” Hughes, è ora formata da 18 elementi. Alcuni di questi già con lo stesso Basie, altri scelti appositamente dallo stesso pianista, scomparso nel 1984. Nella sua storia la CBO ha vinto un totale di ben 17 Grammy Award, sia da sola (migliore jazz performance) che dietro grandi ospiti (Rosemary Clooney, George Benson, Joe Williams, The Manhattan Transfer, The New York Voices, Tito Puente). Innumerevoli le sue partecipazioni a festival e i concerti nelle sale più prestigiose in giro per il mondo. Ascoltando la Count Basie Orchestra si ha l’impressione di aver ritrovato un oggetto prezioso direttamente giunto dal passato. Per alcuni un miracolo vivente, per altri semplicemente swing allo stato puro. In entrambe in casi, un’esperienza difficilmente ripetibile.