Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Codice. Idee per la Cultura presenta
Le lingue non si preoccupano più di tanto della differenza tra realtà e finzione narrativa: si tende a raccontare storie inventate come fossero resoconti di fatti noti. Ad esempio potreste leggere da qualche parte che il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un'onda. È scritto su un giornale? Beh, no, è un racconto di Calvino. Tuttavia la storia di Calvino non dice che si tratta di un brano di narrativa. Nelle lingue naturali non esistono categorie grammaticali, declinazioni o coniugazioni specifiche per indicare ciò che è meramente immaginario. Ogni frase apre un’ampia gamma di possibilità. Quando Calvino scrive che il signor Palomar è in piedi sulla riva, evoca una serie di probabilità. Quando Wikipedia mi dice che Calvino è nato a Cuba, anche questo schiude una serie di eventualità. Ma fa di più: indica che il mondo in cui viviamo è una di queste.
Quando si tratta della realtà, invece, le lingue fanno molta attenzione: hanno innumerevoli modi di modulare, affinare e calibrare le affermazioni riguardanti la realtà. In un quarto delle lingue del mondo, non è possibile affermare che un uomo è in piedi sulla riva senza fornire una prova. Parlate per sentito dire? Lo avete visto con i vostri occhi? Deducete la presenza dell'uomo dalle orme sulla sabbia? In queste lingue, la grammatica obbliga i parlanti a esibire con chiarezza la loro prova, così come l’italiano o l’inglese ci obbligano a utilizzare modi e tempi dei verbi per situare gli eventi dal punto di vista cronologico.
Una volta che siamo di fronte a un fatto provato, potremmo voler dire qualcosa sulla plausibilità delle conclusioni che se ne possono trarre. Potrebbe esserci un’iguana nel rettilario? È sicuro? O c'è solo una piccola possibilità? È più probabile che vi sia un’iguana o un pitone? Quali mezzi hanno a disposizione le lingue per indicare la plausibilità di una conclusione derivante da una prova? In che modo confrontano le varie possibilità? Come differenziano i gradi di probabilità? E, cosa ancora più importante, come fa la grammatica a immergersi in questa giungla di concetti e ad applicarli alle sequenze verbali gerarchicamente strutturate che possiamo usare per ragionare sull’incertezza nella scienza e nella vita quotidiana?